martedì 29 maggio 2012

Quello che (non) ho

GENIO.
Siamo proprio sicuri che l'espressione un po' pazzoide di Einstein sia dovuta alla scoperta della futura, molto lontana, implosione dell'universo e non all'intuizione di una prossima, piuttosto a breve, involuzione della nostra società?
A chi ancora considera il dizionario un prezioso strumento del sapere sarà certamente capitato di imbattersi nella definizione di genio, e quindi saprà che la parola è di derivazione latina (dal latino genius, dal verbo genere, generare, creare) e con essa s’intende quella speciale attitudine naturale atta a produrre opere di importante rilevanza artistica, scientifica, etica o sociale.
Per tutti gli altri c'è la televisione. Per tutti quelli che non amano maneggiare strumenti cartacei e desueti ed hanno ricordi scolastici vaghi e confusi, la parola genio evoca personaggi estrosi, accattivanti, di vario talento. E ce ne è una discreta moltitudine a giudicare dalla frequenza con cui viene attribuito questo epiteto. Viviamo un'epoca di grande fermento di genialità, mai la storia ne ha conosciuta una eguale nei secoli passati.
Il genio dei nostri giorni meriterebbe una definizione apposita nei vocabolari, accanto a quella convenzionale.
E dunque, chi sono, oggi, queste persone dotate di una "speciale attitudine naturale"? Guardando ai modelli cui indirizziamo la nostra ammirazione, geni sono quei personaggi che rivelano una particolare capacità a costruirsi fama e ricchezza in un lasso di tempo breve. Mostrano una speciale inclinazione per l’autopromozione, sono abilissimi a tenere sempre viva l’attenzione su di sé, vantano una certa flessibilità nelle relazioni, nel lavoro, nei principi che governano la loro vita privata e professionale.
Evidentemente, è in corso un processo di semplificazione del linguaggio. Usare un termine "alto" per inglobarne molti altri di valore e significato diverso. Porre tutto sullo stesso piano, confondere qualità e mestieri, rifondare una nuova meritocrazia.
L'impoverimento di una lingua è lo specchio dell'impoverimento culturale di una nazione. E la conseguenza è che Einstein e Belen possono essere definiti entrambi geni, a prescindere dalla "rilevanza artistica, scientifica, etica o sociale" di ciò che hanno prodotto.
"Belen è un genio!" lo ha detto un altro noto genio, Roberto D'Agostino, qualche settimana fa durante la trasmissione Quelli che il calcio. Il suo grande merito era stato finire sulle copertine di tutti i rotocalchi più in voga per la nuova love story con l'ex fidanzato di Emma Marrone.
Bene, questi sono i frutti del duro lavoro e del tanto impegno. A persone come lei, e al sistema mediatico che le ruota intorno, dovremo dire grazie per aver contribuito a migliorare la nostra vita e accresciuto il nostro sapere.
Se Belen tornerà ad essere semplicemente una showgirl, bella, professionale, abile imprenditrice di sé, capace di sfruttare con furbizia il momento di successo, avremo restituito alla lingua italiana le tante sfumature possibili all'interno di un discorso articolato e agli italiani la capacità di distinguere, giudicare, chiamare le cose con il loro nome.

venerdì 9 marzo 2012

The Descendants



Il più delle volte sarebbe meglio rinunciare all'esercizio di tradurre e reinventare titoli. L'ultimo esempio è Paradiso amaro, versione italiana di  The Descendants.
Paradiso amaro riecheggia il prologo del film, quelle prime parole affidate alla voce narrante del protagonista, che suonano come un avvertimento: è folle chi pensa che gli abitanti delle Hawaii vivano perennemente in vacanza e siano immuni da problemi e sofferenze.
Lo spettatore, quindi, è presto messo in guardia: sappia da subito che non si troverà di fronte ad una storia in sintonia con l'ambientazione. Ma questa, per l'appunto, è soltanto una premessa.
The Descendants, invece, punta l'attenzione sui personaggi, gli eredi. In senso lato, e nel caso specifico, gli eredi sono coloro che ricevono un lascito e, contestualmente, la responsabilità di scelte importanti.
Matt King, il protagonista, è un avvocato e sta curando la vendita di una cospicua eredità terriera ricevuta, insieme ai cugini, da nobili antenati. È in gioco il futuro di uno dei pochi angoli dell'isola ancora non raggiunto dal cemento e dal turismo di massa e Matt è consapevole delle ricadute ambientali legate alla sua scelta.
Anche sul fronte degli affetti familiari Matt deve confrontarsi con situazioni difficili.
Si trova a dover essere l'esecutore del testamento biologico che la moglie, ora in coma irreversibile, si era preoccupata di redigere in tempi non sospetti.
Padre fino a questo momento poco presente, deve occuparsi delle due figlie e portarle progressivamente ad accettare l'idea che la madre dovrà morire. Deve anche informare parenti e amici perché possano, se lo ritengono, andare a porgere il loro ultimo saluto prima del distacco del macchinario.
Deve da ultimo, quasi per ironia della sorte, avvertire persino l'amante di sua moglie. Quest'ultimo obbligo morale costituisce il filone principale del film, e porta lo spettatore a seguire gli spostamenti di Matt sulle tracce del suo "rivale". È nelle varie tappe della storia che si coglie la contraddizione tra i luoghi paradisiaci, dove tutti sognano di andare almeno una volta, e la pena nascosta sotto le colorate camice a fiori di un uomo che in quella bellezza naturale ci vive. Il senso del film, però, non può restringersi a questo aspetto, non può essere solo il "paradiso amaro".
Non so se "Gli eredi" equivalga a "The descendants". Ho paura di no. Ho il dubbio che una traduzione letterale evocherebbe solo battaglie legali per la spartizione di soldi e beni immobili. In questo film c'è un'etica che aleggia su tutto. In virtù di solidi principi Matt King ha sempre avuto un rapporto equilibrato col denaro ed ora il suo senso di distacco, la sua mancanza di accanimento, gli consentono di avere un rapporto equilibrato anche con la morte.

lunedì 13 febbraio 2012

La doppia nevicata a Roma

Buona la seconda! La collaborazione tra Sindaco e Protezione Civile stavolta sembra aver funzionato. Ipotizzo che i bollettini meteo siano stati recapitati a chi era in grado di interpretarli, che il sale sia stato sparso sulle strade prima - e non dopo - la caduta della neve, che i cittadini, già muniti di pala dalla volta precedente, abbiano pulito i marciapiedi di fronte le loro abitazioni senza aspettare l'invito perentorio diramato in tv.
Soprattutto, non si può non aver notato che anche la neve era di un'altra qualità, del tipo acquoso che si scioglie presto, e quindi tutto è stato più semplice rispetto a una settimana fa.
Un trionfo facile per il povero Gianni Alemanno! Un soccorso sceso dal cielo a riscattare la sua immagine guastata dall'incompetenza della Protezione Civile e dal complotto di chi vuole sottrarre a Roma le Olimpiadi del 2020. Se si pensa alla fatica che ha dovuto sopportare nei giorni successivi alla prima neve capitolina... Un sindaco in pieno delirio di onnipresenza, dotato dell'invero dono dell'ubiquità che solo il mezzo televisivo può concedere ai più meritevoli... Spalava e litigava... litigava e spalava senza sosta, senza risparmiarsi, senza rinunciare a un dibattito televisivo né ad una foto insieme all'esercito in qualche zona disagiata dell'interland romano.
Tutto questo affanno del Sindaco mi ha divertito ma fino a un certo punto. Poi ho dovuto fare i conti con la sensazione agghiacciante di essere in balia di una classe politica dirigente assolutamente inetta, talmente ignara della propria inettitudine e delle responsabilità legate al proprio ruolo da non porsi sovente neppure la preoccupazione di dotarsi di uno staff di collaboratori validi e capaci, in grado di fornire in ogni momento il supporto necessario. Come Alemanno così tanti altri. Da questi brillanti esempi discendono tutti gli Schettino del mondo.

mercoledì 1 febbraio 2012

Intenzioni


Io ci provo.
Con questo blog cercherò di tenere traccia dei miei pensieri così come mi arrivano, immediati o frutto di riflessioni.
Sfrutterò un angolo del vasto mondo di internet e lo terrò tutto per me, valga quel che valga. Ci raccoglierò riflessioni personali ma anche scritti, poesie e quant'altro trovi in giro, purché mi regali un'emozione.
Insomma, sarà un diario a modo mio. Senza scadenze, senza appuntamenti fissi, senza ritmi costanti. Spazierà tra vari argomenti, sarà serio e scherzoso. Nulla di troppo organizzato. Sarà, pressappoco, come sono io.